Domenica 3 aprile una delegazione di aclisti partiti dalla sede del circolo Ora et Labora di Fossato di vico, presente anche il vice Presidente Regionale delle Acli Umbre ANTOY XAVIER LADIS KUMAR con la sua famigliola; raggiunto l’eremo di Fonte Avellana per il tradizionale ritiro spirituale di Quaresima, tornato puntuale dopo lo stop forzato di due anni a causa della pandemia. Dopo la Santa Messa ed il pranzo nei suggestivi locali del refettorio, la comitiva ha potuto ascoltare la relazione del priore don Gianni Giacomelli sul tema: “Desiderio di una casa comune: pace e fratellanza”. Dopo i saluti e la breve introduzione di Giovanni Pascucci, don Gianni, con il suo eloquio pungente e la schiettezza che da sempre lo contraddistingue, ha iniziato domandandosi un po' provocatoriamente, facendo riferimento alle parole di Pascucci, del motivo per cui ci siamo così sorpresi un po' tutti e non siamo nemmeno riusciti ad immaginare questo scenario drammatico di guerra che sta sconvolgendo l’Ucraina. Lo stupore è dovuto all’incapacità di guardare aldilà dei confini europei ed occidentali. La guerra nel mondo non ha mai avuto fine, ma solo ora che è qui da noi, nei nostri confini europei ce ne rendiamo veramente conto. In Africa, colpita da una nuova colonizzazione cinese, le guerre si accendono e si spengono in continuazione, in Medio Oriente sono decenni che i conflitti persistono, ma sembra che tutto questo faccia poco notizia. Abbiamo aperto maggiormente gli occhi sugli sconvolgimenti mediorientali soltanto nel 2001, dopo il drammatico attacco alle Torri Gemelle di New York. Gli Usa si sono trovati la guerra in casa, un episodio inedito nella loro storia, dopo che la guerra l’hanno in qualche modo fomentata per anni al di fuori dei propri confini facendo un favore alla propria industria bellica. Nemmeno Kennedy ed Obama, che definirei provocatoriamente “presidenti santi”, hanno fatto a meno della loro guerra. Proprio Kennedy iniziò quella del Vietnam. Paradossalmente Trump, potenzialmente il più pericoloso, è stato l’unico presidente a non fare guerre. La presunta superiorità del mondo occidentale dal punto di vista economico, politico, sociale e culturale, non aiuta ad avere una visione chiara di ciò che accade aldilà dei nostri confini ed ecco che lo stupore verso la guerra in Ucraina è fisiologico. Una situazione drammatica, ingiustificabile, non tollerabile, ma che bisogna sforzarsi di spiegare ed analizzare. Un evento che ha sorpreso l’occidente che vive nel proprio ego ed anche gli stati finiscono per considerarsi come un io che non è per nulla relazionato con il resto. Tornando al 2001 ed all’attacco agli Usa è bene sottolineare un fatto che è passato inosservato, ma che doveva suonare come un forte campanello d’allarme. L’indomani dell’attentato, alla vicinanza degli alleati americani, ha fatto da contraltare, il silenzio fragoroso della gran parte degli altri stati del mondo. Non hanno preso una posizione netta, quasi a voler dire: “finalmente è successo anche a voi”. Quella parte di mondo che da decenni subiva una supremazia occidentale ed americana a volte molto presuntuosa, aveva reagito. Il 12 settembre è come se fosse crollato, dopo quello di Berlino caduto anche fisicamente, un altro muro, ma questo in pochissimi lo hanno intuito. L’attentato aveva colpito il cuore di un mondo che sembrava infallibile. Si sarebbero potute analizzare le ragioni, tentare la via del dialogo e non reagire con altra violenza, invece si sono cercate prove false per attaccare l’Iraq. In quel momento la struttura culturale dell’occidente è morta senza accorgersene e larga parte dell’escalation di aggressività successiva è partita da quell’evento nefasto. Un altro fattore recente che di nuovo ha visto l’occidente essere colto di sorpresa è stata la pandemia da coronavirus del 2020. In realtà i virus e la loro potenzialità distruttiva sono noti da decenni ed in Cina, da dove tutto è partito, erano pronti già da tempo ad affrontarne le conseguenze. In Occidente non siamo stati in grado, ancora una volta, di percepire ciò che stava accadendo, di agire in anticipo. La nostra presunzione ci ha fatto capire la situazione solo quando si è manifestata platealmente finendo per travolgerci. Un mondo che si crede infallibile prima o poi viene abbattuto e non ho citato ad esempio un altro grave elemento destabilizzante accaduto da poco, la crisi economico-finanziaria del 2008, anch’essa ampiamente prevedibile. Questo nostro angolo di mondo è quindi incapace di autoleggersi e cerca di giustificare tutto attraverso la propria chiave di lettura ed i propri parametri. Non considera quindi quelli degli altri che non necessariamente sono sbagliati, ma magari solo diversi. Guardando al passato, ha sottolineato il priore, come non ricordare la lungimiranza di due papi che negli anni 60’ del secolo scorso hanno avuto, in due momenti storici difficili e di grande tensione geo-politica, la capacità di dialogare e comprendere. Nel 1963 Papa Giovanni XXIII scrisse l’enciclica “Pacem in terris” in un periodo di piena crisi diplomatica Usa-Urss, dopo che nel 1962 i missili sovietici erano arrivati fino a Cuba davanti al suolo americano. Fu anche grazie all’azione vaticana che la crisi si risolse positivamente. Nel 1965 invece Paolo VI, in uno storico discorso alla sede dell’Onu, esortò i delegati dell’organizzazione a favorire l’ingresso della Cina comunista di Mao nelle Nazioni Unite. Quella stessa Cina che perseguitava la chiesa, ma che avrebbe smesso di farlo, secondo Papa Paolo VI, solo nel momento in cui la parti avrebbero iniziato a dialogare. Degli esempi concreti di ricerca di una vocazione di fratellanza fra tutti i popoli, di un modo diverso di leggere la storia, di vedere il mondo, nel tentativo di trovare un altro cammino possibile che miri sempre, anche nelle difficoltà, a scovare un piccolo filo da cui tirare fuori un pensiero di unificazione, di pace e non di divisione. E’ evidente che, pur fra alti e bassi, solo le grandi religioni negli ultimi decenni sono state in grado di ragionare in questi termini, i sistemi politici purtroppo molto di meno. La “Gaudium et Spes” del 1965 per esempio denuncia per la prima volta il riarmo e riconosce che ci sono strutture del pensiero religioso che possono diventare strutture di guerra. Come non pensare allora ai giorni nostri ed alle parole del patriarca di Mosca Kirill. Nonostante l’uscita infelice del patriarca relativamente all’impegno russo nella guerra in Ucraina, Papa Francesco è riuscito, attraverso il dialogo e con quella modalità d’agire che lui chiama fratellanza e ricerca della casa comune, ad attutire, almeno in parte, le sue posizioni. Il concetto di casa comune è stato ben esplicitato da Papa Francesco con la “Laudato Si” in cui ha stabilito alcuni principi fondamentali. La pluralità di case è una poliedricità all’interno della casa comune, questo è il presupposto decisivo per far sì che non vi siano guerre e divisioni. In “Fratelli Tutti” invece il Santo Padre, in un documento di rinnovamento totale delle relazioni sociali, ha posto l’accento su quanto la politica abbia bisogno di ritrovare una visione ampia che miri ad un approccio integrale. L’economia non può determinare la politica come accaduto nel recente passato. Da qualche decennio si è andati addirittura oltre, in quanto è la finanza che ha finito per dominare pure l’economia. La politica, la scienza delle relazioni sociali, è diventata schiava della scienza del profitto che a sua volta è divenuta succube della scienza monetaristica e finanziaria. C’è un ribaltamento totale delle relazioni sociali. Nei momenti complicati della storia la politica invece deve avere la forza di operare sulla base di grandi principi, pensando al bene comune a lungo termine. Grandi principi che sanno leggere la storia, che pensano al bene comune senza una visione frammentata, sforzandosi di capire che le decisioni di oggi avranno risvolti sulle nuove generazioni. Questa modalità di pensiero dovrebbe diventare comune nell’essere umano, ma serve che: politica, economia e cultura, dipendano dalle relazioni dell’interiorità. Quando il cuore delle persone cambia in termini di fraternità allora possono cambiare tutti gli altri livelli. In un mondo tecnocratico come quello attuale, il documento “Fratelli Tutti” è qualcosa che appare folle, così come lo era chi questa espressione “fratelli tutti” la utilizzò per primo: Francesco d’Assisi. La speranza, ha concluso così la sua relazione don Gianni Giacomelli, è che possa esserci una sorta di santa alleanza diacronica fra Francesco d’Assisi e Francesco di Roma e che questa santa alleanza sia seguita veramente un po' da tutti.
William Stacchiotti
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