Le classi quinte a colloquio con Paolo Landi, ex alunno della scuola di Barbiana
Venerdì 9 maggio, Paolo Landi, ex alunno di don Milani, ha incontrato le classi quinte del polo liceale di Gubbio. Ha parlato della sua esperienza diretta nella famosissima scuola di Barbiana. All’evento, organizzato dalle Circolo “Ora et Labora” e dalle Acli territoriali, ha partecipato Mons. Luciano Paolucci Bedini, vescovo di Gubbio e Città di Castello, portando i saluti a tutte le ragazze e ragazzi e ha ricordato l’importanza che, ancora oggi, riveste la scuola di Barbiana, esigente e rigorosa con i propri alunni. L’incontro è stato moderato dal Dirigente dell’ACLI di Perugia, Sante Pirrami che ha ricordato i principi fondamentali del pensiero del Priore: la forza della parola, la responsabilità, l’esempio e la fede. Ha introdotto i lavori la Vicaria Rosanna Rosi, che ha ringraziato i presenti e ha ricordato alle classi di Scienze umane l’importanza di una testimonianza così attuale e necessaria a difesa di una scuola veramente inclusiva. Paolo Landi, uno dei ragazzi della Scuola di Barbiana, che ha scritto su ciò due libri e ha curato per le scuole il Progetto “Incontrare don Milani”, ha risposto con puntualità ed empatia alle interessanti domande degli studenti presenti. Paolo ha esordito raccontando, con una lieve commozione, il suo primo incontro, negli anni sessanta, con don Milani passando, poi, in rassegna tutte le critiche mosse sia dalla Chiesa (esiliato in un paesino, appunto Barbiana, di 120 anime) sia dallo Stato (condannato per apologia di reato) sia dalla Scuola (definito monarca assolutista). Ricordato, invece, dopo 60 anni, da papa Francesco come profeta, dalla Scuola come grande e illuminato educatore. Ha elencato, poi, gli orari delle lezioni che iniziavano alle ore 8:00 e terminava alle ore 19:00. Don Milani era un maestro esigente e attento alla crescita culturale di ogni alunno, scrupoloso nel formare teste ben pensanti, critiche ma consapevoli delle proprie scelte. I suoi testi privilegiati erano i Vangeli e la Costituzione con i quali faceva lezioni e approfondimenti linguistici ed etimologici. Affermava che la scuola doveva essere basata sul tempo pieno senza lasciare spazio alla pigrizia e alla perdita di tempo, cose queste che riteneva un peccato grave, parimenti a una bestemmia. Nonostante la mancanza di strumenti didattici, don Milani insegnava le lingue straniere con un giradischi a batteria, l’arte con diapositive acquistate nei vari musei, l’educazione sessuale con un ginecologo, la politica estera e la geografia con un ambasciatore e così via. La proposta della scuola alternativa realizzata a Barbiana ha portato a costruire un’esperienza educativa che si contrapponeva all’impostazione della didattica tradizionale, fondata sulla lezione frontale, sulle interrogazioni e sull’uso acritico dei manuali. A Barbiana con disciplina e lavoro costante, si leggevano i quotidiani e gli articoli fondamentali della Carta costituzionale, si scriveva insieme (scrittura collettiva) costruendo il sapere all’interno di una relazione educativa alla pari: il più grande insegnava al più piccolo. Un secondo risultato, continua l’ex alunno, è l’I CARE di don Milani, scritto su una porta della scuola, a indicare una cultura della solidarietà e dell’impegno sociale. Una cultura nella quale ognuno di noi deve prendersi le proprie responsabilità e farsene carico, nel decidere se una cosa è giusta o sbagliata e non può essere demandata all’obbedienza di un terzo, tutto questo contro il motto fascista: “Me ne frego”, dell’indifferenza e del qualunquismo individuale. L’obbedienza non è una virtù, la virtù è la responsabilità di poter sbagliare, di essere libero di scegliere, di crescere nell’impegno quotidiano per migliorare la propria condizione. Allora l’impegno di ognuno è l’impegno di tutti per risolvere i problemi e le circostanze negative della vita senza rimandare a domani o a qualcheduno. Il principio della demagogia (oggi populismo) è proprio quello di promettere la soluzione (illusione) senza mai trovare la risposta giusta (speranza) ossia “…è facile dar loro ragione, agli operai, agli sfruttati, ai poveri, …è facile dar loro una bandiera, una tessera, magari un fucile…Ma dar loro la parola è un’altra cosa!” chiosava don Milani. Infine, la legge è giusta solo a condizione che sia a tutela del debole e NON tuteli il sopruso del ricco, se così non fosse bisogna battersi per cambiarla, questo devono fare i miei ragazzi, glossava il maestro, dovranno battersi per cambiarla. L’unica vera leva delle leve per cambiare le leggi è il voto ed è la Costituzione che garantisce, tramite la leva della forza della parola e, in alcuni casi, dello sciopero, la libertà di cambiare ciò che il popolo ritiene non congruo ai principi costituzionali di equità e uguaglianza. Quindi, secondo il Priore, “Non c’è nulla che sia più ingiusto quando fare le parti uguali fra diseguali.”
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