I dati del XIX censimento degli immigrati e le parole del sociologo Montesperelli sulle disuguaglianze

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Si è aperto con i saluti istituzionali del sindaco di Gubbio Filippo Mario Stirati l’incontro organizzato dall’Acli Ora et Labora in collaborazione con i circoli del territorio eugubino-gualdese, sui dati del XIX censimento degli immigrati residenti regolarmente negli otto comuni dell’Alto Chiascio. Il sindaco eugubino ha elogiato le iniziative del circolo fossatano che aiutano le amministrazioni in molti casi a fare delle riflessioni partendo da dati oggettivi sui quali programmare ed intervenire. I numeri del censimento dimostrano che non c’è stata l’invasione di stranieri da tanti sbandierata, talvolta solo a fini meramente propagandistici, ma anzi negli ultimi dieci anni il trend è in costante calo tanto che, senza l’apporto degli immigrati, anche Gubbio ormai avrebbe meno di 30 mila abitanti. Ad un calo degli stranieri si associa inoltre un calo generale della popolazione dei nostri territori e una vistosa diminuzione delle nascite. Il punto nascita di Branca, ha ricordato Stirati, si regge ormai solo grazie all’arrivo delle donne dell’area del fabrianese che consentono di rientrare nei numeri previsti. Il sindaco ha concluso il suo intervento ricordando, con un pizzico di commozione, il professore Antonio Pieretti, scomparso nei mesi scorsi, figura eminente della cultura regionale, intellettuale di alto livello ed amico sincero. Sulla stessa lunghezza d’onda le parole del sindaco di Gualdo Tadino Massimiliano Presciutti che ha sottolineato quanto i numeri degli arrivi di immigrati in altri paesi europei siano maggiori di quelli italiani, che è dunque difficile parlare, dati alla mano, di invasione e che ovviamente sia giusto ricordare il dramma di chi lascia la propria terra per emigrare, un evento che non è propriamente una passeggiata di salute. Il fenomeno migratorio va di certo governato e controllato, ma seriamente, con programmazione e lungimiranza senza ansie, paure e seguendo solo la logica emergenziale. Al termine dei saluti istituzionali il prof. Sante Pirrami ha presentato i dati del censimento. Il primo dato che emerge chiaramente è che la popolazione straniera è rimasta pressoché costante nell’ultimo anno (al 30 agosto 2021) in rapporto all’anno precedente (4989) attestandosi a 4958 residenti nel territorio degli otto comuni. L’incidenza della popolazione straniera, in rapporto alla popolazione totale residente pari a 61.377, ha avuto un calo di -0,6%, per un totale del 7,4%. I dati evidenziano un continuo incremento fino al 2012 e, poi, un calo progressivo. Inoltre, occorre evidenziare che la popolazione autoctona diminuisce ogni anno: di circa 200 unità nel 2019, pari a circa -0,3%, nel 2020 pari a - 387 (- 0,6%) e al 2021 pari a - 906 (- 1,5%). Quest’ultimo dato va letto anche in relazione agli effetti pandemici del Covid sul nostro territorio. Se questa dovesse essere la proiezione per gli anni futuri, la diminuzione annua della popolazione residente nella fascia Appenninica Umbra denoterebbe un calo demografico particolarmente significativo. Fossato di Vico, come in passato, ha la presenza più alta di immigrati con il 15,7%, nonostante un calo del 3,1% negli ultimi anni, ha comunque una percentuale che è il doppio di quella italiana ed europea. Nocera Umbra segue con l’11,2%, mentre Valfabbrica è in terza posizione con il 10,4%, tali dati sono in linea con quelli regionali al 10,8%. L’incidenza minore la troviamo nel comune di Sigillo con il 5,2%. Per quanto riguarda la presenza in base al genere si può notare una maggioranza, negli ultimi anni, di donne al 58%, ciò sta a significare che molti stranieri hanno ricongiunto, dopo qualche tempo, le famiglie (mogli e figli) per cui si è creata una condizione di stabilità affettiva e sociale. Inoltre, è da tener presente anche la maggiore richiesta di manodopera femminile per assistenza e cura delle persone (badanti, baby-sitter, colf, lavori domestici, ecc.). Per quanto concerne le fasce d’età è significativa la presenza delle “braccia da lavoro” che sono costituite dagli immigrati compresi nella fascia tra i 19-40 anni (33,4%) e tra i 41-60 (32,3%). Inoltre, la presenza di bambini/e e ragazzi/e (19,7%) costituiscono un valido contributo numerico alla formazione delle classi scolastiche. Il dato, oltre i 61 anni, è irrilevante per l’esiguità delle presenze (12,8%). Per anni (dal 2009) gli stranieri provenienti dall’Albania costituivano nel nostro territorio la prima etnia (oggi 13,3%), poi sono stati scavalcati sia dai Romeni con il 21,6%, sia dai Marocchini con il 17,7%. Un’altro dato da evidenziare è quello relativo alla quarta etnia che nel precedente anno apparteneva alla Macedonia oggi all’Ucraina (7,8%). Questa classifica rispetta, sostanzialmente, quella nazionale tranne per la quarta posizione che è occupata dall’etnia cinese. Oggi complessivamente marocchini, albanesi e rumeni rappresentano circa il 50% degli stranieri presenti in Italia. La presenza, per valori assoluti, di alunni stranieri nell’a.s. 2021-22 appartiene al comune di Gubbio con un numero di 4783, tuttavia in calo rispetto al precedente a.s. di -168 iscritti, a seguire Gualdo Tadino con 1690 (-23) e, infine, Nocera Umbra con 709 (-38). Questi comuni sono quelli che hanno una presenza di tutti gli ordini scolastici (infanzia, primaria, secondaria di I grado e II grado). Se poniamo l’accento sulla relazione fra gli iscritti di origine italiana e stranieri notiamo che la percentuale più alta appartiene a Fossato di Vico con il 31,2% di iscritti distaccando in modo netto tutti gli altri comuni, raggiungendo in media la quota di 1 studente su 3, segue Nocera Umbra con circa il 22,4% e Gualdo Tadino con il 14,8%, ultimo Sigillo con il 3,6% di stranieri. I marocchini sono i più presenti fra i banchi di scuola con il 26,7%, al secondo posto gli albanesi con il 19,7%, al terzo posto i rumeni con il 12%, al quarto i nigeriani con il 7,4%. L’incontro è proseguito con la relazione del prof. Paolo Montesperelli, ordinario di sociologia dei processi culturali dell’Università “La Sapienza” di Roma sul: “Rapporto tra disuguaglianze ed immigrati”. Il sociologo ha aperto il suo intervento con una premessa un po’ provocatoria ricordando come anche Giuseppe e Maria furono costretti a lasciare il proprio il proprio Paese la Galilea e quindi Gesù potrebbe essere considerato un immigrato di 2a generazione ed anche un rifugiato visto che scappava dalla persecuzione di Erode. Tornando all’attualità bisogna capire, ha sottolineato Montesperelli, il quadro internazionale e le cause strutturali che determinano i fenomeni migratori. Il primo è senza dubbio la pressione demografica che in alcune zone del mondo è impressionante, basti pensare ad alcune aree dell’Africa sub sahariana. La Nigeria ad esempio avrà nel 2050 circa 375 milioni di abitanti a fronte di poco più dei 200 milioni attuali. E’ inevitabile che queste persone non potranno vivere ed avere condizioni economico-sociali sufficienti nel Paese d’origine e troveranno fortuna altrove spingendosi soprattutto verso l’Europa. Altro aspetto da evidenziare quello che il sociologo definisce rivoluzione strisciante che a partire dagli anni ’50 ha attraversato il mondo. Il neoliberismo, in maniera graduale e mimetica, ha in parte destabilizzato l’economia smantellando il concetto di comunità e la legislazione sociale, puntando prioritariamente sull’individuo e le sue risorse, sostenendo il mercato ed il potere politico personale rispetto ai meccanismi di rappresentanza democratica e rendendo il welfare qualcosa di caritatevole e familistico. Questa rivoluzione in atto riguarda tutti, autoctoni ed immigrati, e ci rende più vulnerabili ed il mondo va verso quello che Montesperelli definisce Caoslandia. Un villaggio globale attraversato da guerre, terrorismo e conflitti che spinge verso una progressiva e drammatica dissoluzione degli stati. Questi elementi destabilizzanti portano inevitabili spinte migratorie soprattutto verso Paesi di più facile approdo come il nostro. In Italia gli immigrati in 20 anni sono quadruplicati oggi sono all’8,8%, in Umbria al 10,7%. Sono calati in compenso quelli irregolari ed i tassi di criminalità, a differenza di quanto spesso sostenuto da alcuni politici e percepito dalla popolazione, sono rimasti stabili. Se guardiamo ai vantaggi che portano gli immigrati, come ricorda la società italiana di statistica, alcuni sono davvero chiari. Rallentano il processo di invecchiamento della popolazione, sostituiscono i lavoratori con basse qualifiche che sono andati in pensione, essendo prevalentemente giovani versano più contributi di quanto ne ricevono in pensioni e in altre prestazioni sociali, fanno dei lavori come: badanti, baby sitter e colf e consentono quindi alle donne italiane di recarsi al lavoro. Se si analizzano le disuguaglianze, ha spiegato il professore, appare evidente che dipendono da chi sei e da dove stai. Cittadinanza, titolo di studio (il 54% degli immigrati ha solo la licenza media inferiore), professione, reddito, provenienza geografica, territorio con più o meno servizi, sono elementi che fanno la differenza e generano differenze sostanziali in termini di opportunità e possibilità di crescita socio-economica. I più bersagliati dalle disuguaglianze sono in generale immigrati e giovani a cui si associano i disoccupati, i lavoratori poveri e con bassa istruzione. Per quanto riguarda le famiglie a soffrire maggiormente sono quelle monogenitoriali, molto numerose e mono reddito. La povertà assoluta, che fa riferimento all’impossibilità di acquistare un paniere di beni e servizi essenziali per una vita minimamente accettabile, in Italia è cresciuta drammaticamente negli ultimi venti anni passando dai 2,8 milioni di poveri del 2000 ai 5,6 milioni del 2021. Fra le persone povere, o quasi povere, il 49% sono immigrati ed il 17% italiani. Rispetto al dato sulla disoccupazione quella italiana è al 9%, fra gli immigrati arriva quasi al 15% e negli ultimi anni il tasso di disoccupazione aumenta in modo più sostenuto fra gli stranieri. Non cambia il quadro anche riguardo alla salute in quanto gli immigrati, ma in generale chi ha una bassa scolarizzazione, basso reddito, posizione lavorativa precaria, ha una salute mediamente peggiore ed un’aspettativa di vita più bassa, tale situazione è peggiorata con la pandemia. In conclusione Paolo Montesperelli ha ricordato come la politica italiana stenti ad attuare delle politiche migratorie lungimiranti che non siano dettate dall’ansia e dall’emergenza. Le lacune sono evidenti a partire dalla gestione dei flussi d’ingresso, fino all’inefficacia delle politiche di inclusione anche verso chi da anni è nel nostro Paese, per arrivare all’annosa questione del diritto di cittadinanza. Argomenti importanti, irrisolti da anni, che diventano sempre di più questione sociale. La crescita delle disuguaglianze è ingiustificabile non solo dal punto di vista socio-economico, ma anche da quello etico e spetta anche ad associazioni come le Acli orientare la cultura politica nella risposta a tali problematiche sollevando nuove domande di emancipazione. Al termine dell’incontro si è tenuta la Santa Messa celebrata da don Raniero Menghini e dai diaconi Giorgio Cardoni ed Elvio Frigio e la cena con lo scambio di auguri. Appuntamento al 2023!
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