Paolo Landi, l’allievo di don Milani, incanta la platea del Mazzatinti

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Una platea di studenti attenta ed appassionata pronta a fare domande e riflessioni ha fatto da degna cornice all’incontro che si è svolto venerdì 17 marzo nell’aula magna del Liceo Mazzatinti di Gubbio con Paolo Landi, allievo del sacerdote e maestro don Lorenzo Milani. Ad aprire la mattinata i saluti del presidente del circolo Acli Ora et Labora Sante Pirrami che ha ricordato l’importanza che rivestono le iniziative con le scuole, in particolare questo incontro che vede coinvolte le classi finali del liceo delle scienze umane, l’indirizzo che più di ogni altro è vicino al mondo di don Milani. Il suo pensiero rivoluzionario, rigoroso, è difficilmente rintracciabile sui libri di testo, ma è stato fondamentale per iniziare quel processo di cambiamento che ha interessato la scuola italiana e che ha portato trasformazioni sostanziali. Una scuola meno classista in cui i principi di sussidiarietà e solidarietà potevano trovare spazi importanti. A seguire l’intervento del sindaco di Gubbio Filippo Mario Stirati che ha sottolineato quanto le idee di don Milani siano state fondamentali per la sua formazione. “Fu il professore d’italiano dei tempi del liceo, don Angelo Fanucci, a leggerci per la prima volta il libro, ormai divenuto famoso, “Lettere ad una professoressa”, un testo dirompente, che sconvolse le coscienze di molti insegnanti dell’epoca, così come le gerarchie ecclesiastiche. Don Milani aveva capito quanto la scuola potesse essere significativa per l’emancipazione del ragazzo, decisiva per rimuovere quegli ostacoli, dati dalla condizione economica, sociale e territoriale che nella maggior parte dei casi non permettevano di esprimere a pieno i propri talenti. Grazie agli insegnamenti di don Angelo - ha ricordato il sindaco eugubino - potrei definirmi anch’io, seppur a distanza, un allievo di don Milani”. A chiudere gli interventi istituzionali le parole della dirigente del Polo Liceale Maria Marinangeli che ha ringraziato tutti coloro che si sono prodigati per la riuscita dell’iniziativa, in particolare i docenti delle classi coinvolte ed il circolo Acli Ora et Labora di Fossato di Vico. La dirigente si è dichiarata davvero coinvolta emotivamente per la presenza di un allievo di don Milani, quel maestro da sempre sua fonte di ispirazione considerato alla stregua di altri miti giovanili. “Nel mio percorso di insegnamento posso dire di essermi trovata spesso in situazioni che, seppur con tutte le differenze del caso, mi hanno ricordato l’esperienza del sacerdote di Barbiana. Le pluriclassi nelle zone terremotate, nei piccoli paesi di montagna, in aree marginali, mi hanno fatto capire l’importanza del lavoro di gruppo, dell’aiuto reciproco, del principio di sussidiarietà ed avere come modello proprio don Milani mi è stato di straordinario aiuto”. La dirigente ha chiuso il suo intervento invitando gli insegnanti a leggere i testi del sacerdote fiorentino, a recuperare ed approfondire quegli insegnamenti che sono di una disarmante attualità. Paolo Landi ha deliziato la platea elencando aneddoti, curiosità, ricordi di quei indimenticabili tre anni vissuti a Barbiana. L’arrivo in quello sperduto paese di montagna, in quella scuola con uno stanzone unico, tre tavoli a ferro di cavallo, una stufa nel centro ed una fioca luce a gas, con una ventina di ragazzi di varie età, in cui i più grandi aiutavano ed insegnavano ai più piccoli, fu quasi obbligato. “Dopo la bocciatura all’esame per entrare in un istituto tecnico di Firenze la carriera scolastica sembrava per me già chiusa”. E’ stato l’amaro commento dell’ospite che ci ha tenuto a rimarcare il modello classista della scuola dell’epoca. “Chi aveva frequentato l’Avviamento al lavoro come me e come la maggior parte dei figli dei contadini e degli operai e non le Scuole Medie, per poter accedere alle scuole superiori ed ambire ad un diploma, doveva superare un esame per nulla facile”. L’unico modo per continuare a studiare era quindi frequentare la scuola gratuita di don Milani della cui esistenza il padre di Landi sentì parlare durante una giornata al mercato. Il primo impatto con Barbiana fu sconvolgente, indimenticabile. “Era domenica e don Milani sotto una pergola spiegava il Vangelo ad un gruppo di ragazzi aiutandosi con una cartina della Palestina. Tutti ascoltavano con attenzione, quasi estasiati. Tre ore per approfondire tre righe, il coinvolgimento era massimo. Don Milani mi spiegò subito le regole della scuola: aperta tutti i giorni, dodici ore al giorno, niente cinema, ballo e calcio. Poi rivolgendosi a mio padre disse in modo chiaro quanto più del diploma, più del semplice pezzo di carta, fosse importante avere una cultura, imparare a ragionare, conoscere bene la lingua, l’unica chiave in grado di aprire ogni porta. Don Milani era rigoroso, ma molto solare, odiava le perdite di tempo, le considerava quasi un crimine e sapeva farti incuriosire anche con modi diversi di fare lezione. La domenica ad esempio invitava spesso personaggi di livello, specialisti, politici, figure del mondo ecclesiastico, per aiutare a farci capire fenomeni complessi, situazioni internazionali difficili, eventi che richiedevano ragionamenti profondi. La scuola pomeridiana era dedicata alla lettura dei giornali e della posta. Partendo dalle notizie si ragionava dell’attualità attraverso chiavi di lettura che di volta in volta don Milani proponeva. Il libro “Lettere ad un professoressa”, un testo rivoluzionario sotto tanti punti di vista, oltre ad essere un vero pugno nello stomaco per le istituzioni scolastiche e per le gerarchie ecclesiastiche - ha sottolineato Landi - fu scritto usando il metodo della scrittura collettiva. Noi ragazzi infatti collaboravamo, davamo spunti, facevamo riflessioni, scrivendo appunti che proponevamo al sacerdote, ma è bene sottolineare quanto il vero regista era comunque don Milani, il cui pensiero traspare chiaro in questo testo”. L’idea di una scuola che deve curare i malati, chi è quindi più indietro per diversi motivi, che non deve fare misure uguali fra disuguali, ma sorreggere e sostenere chi invece parte con delle difficoltà facendo emergere in ogni alunno talenti e doti, sono solo alcuni degli spunti più significativi del suo pensiero. Don Milani con le sue posizioni nette e anticonformiste divenne la campana stonata per la chiesa, perché non ligio all’obbedienza ed alla gerarchia; un violentatore di coscienze ed un educatore assolutista per il mondo della scuola e fu addirittura accusato e dopo pochi mesi dalla morte condannato, per il reato di apologia e incitamento alla diserzione e alla disobbedienza civile, dopo il suo “Lettere ai cappellani militari” in cui sottolineava quanto la virtù non sia la cieca obbedienza, ma la responsabilità che si può raggiungere con il ragionamento. “Aveva un mondo contro - ha spiegato amaramente Landi - morì a soli 44 anni, ma il suo pensiero, le sue idee, le sue lotte non furono vane. Dopo alcuni anni venne pienamente e giustamente riabilitato e la sua grandezza e lungimiranza è oggi riconosciuta in Italia e nel mondo. Papa Francesco è andato a pregare sulla sua tomba, il ministero dell’istruzione con una circolare alcuni anni fa lo ha definito un grande educatore illuminato e lo stesso stato, che lo aveva condannato, ha permesso che oltre 900 scuole oggi portino il suo nome”. Una riabilitazione in piena regola per un uomo che tanto lustro ha dato al Paese. La mattinata si è conclusa con l’ascolto di una canzone scritta all’età di 24 anni dal professore del liceo Mazzatinti Luigi Girlanda: “Il mio grido silenzioso”, dedicata proprio a don Lorenzo Milani.

William Stacchiotti
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