Ritiro di Avvento a San Silvestro, la riflessione di don Lorenzo Sena

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Domenica 4 dicembre, dopo anni di stop forzato a causa dell’emergenza covid, una delegazione di aclisti ha raggiunto il monastero di San Silvestro Abate di Fabriano per il tradizionale ritiro spirituale di Avvento. A far gli onori di casa il vice priore don Lorenzo Sena che ha accolto la comitiva partita da Fossato di Vico prima di celebrare la Santa Messa nella cripta trecentesca. La mattinata è proseguita con la visita della suggestiva struttura: dalla sorgente della Fonte Vembrici, al chiostro seicentesco, alla biblioteca moderna con tutte le versioni della Bibbia: dall’aramaico al greco, dal latino all’italiano e, in particolare, al fondo antico con l’atto di donazione dei terreni - datato 1° giugno 1231, su cui, successivamente, Silvestro edificò il monastero - oltre agli incunaboli del XIV e XV secolo. Il pomeriggio è stato dedicato a un momento di profonda riflessione e di raccoglimento sul tema: “Cos’è l’Avvento per i cristiani?”. Ad aprire gli interventi i saluti del presidente del circolo Acli Ora et Labora prof. Sante Pirrami che ha sottolineato la bellezza dell’eremo, vicino a noi, ma sconosciuto ai più, un posto incantevole che custodisce all’interno dei particolari dalla valenza storica e artistica straordinari. Il presidente ha concluso ringraziando don Sena e tutta la comunità per l’accoglienza e la disponibilità dimostrate. A seguire Marta Ginettelli vicepresidente delle Acli provinciali di Perugia ha spiegato quanto un luogo come il monastero di San Silvestro riesca ad aiutare a riflettere, a meditare. Si sta isolati, immersi nel Creato e si vivono intensamente momenti che portano a capire a fondo il senso della vita ed il vero valore dell’Avvento e delle imminenti festività natalizie. Don Lorenzo Sena ha aperto la sua lectio Divina ricordando come il nuovo anno liturgico inizi proprio con la prima domenica di Avvento. Un tempo di attesa, da vivere come cercatori, come nomadi che si incamminano. Come ci ricorda il profeta Isaia, gli israeliti in esilio a Babilonia avevano il desiderio forte di vedere il Messia dopo il crollo di Gerusalemme. Questo esilio forzato è stato un tempo di assenza in cui tutte le promesse rivolte ai padri sembravano essere svanite e Dio sembrava lontano. Nessuno sembrava saper più dire Dio, ma Isaia lo sapeva e alzava forte il suo grido: “Se te squarciassi i cieli e scendessi…”, un’invocazione che si faceva attesa trepidante. Leggendolo ora, sapendo che Dio si è fatto uomo, è venuto sulla terra e per farlo si è umiliato, capiamo quanto forte era questa attesa, questa attenzione, nel duplice senso di aspettare qualcosa e qualcuno, ma anche di tendere verso, di convertirsi. Il verbo si è fatto carne ed è venuto in mezzo a noi, si è umiliato a tal punto da rimpicciolirsi e stare nel grembo della Vergine Maria. La verginità, che è un dogma cristologico difficile da capire talvolta anche per i cristiani, racchiude dei valori di una profondità disarmante. Avvento quindi come attesa che si fa speranza, gioia, tempo di ricerca di Dio e tempo in cui proprio Dio ci viene incontro. Quindi al significato liturgico dell’Avvento nel suo aspetto più ovvio di preparazione alle feste natalizie, bisogna aggiungere un significato più profondo che rimanda alle letture bibliche proposte nella prima domenica di Avvento in cui si riflette anche sul tema della seconda venuta di Gesù, quando tornerà nella gloria alla fine dei tempi e la storia degli uomini si concluderà. Se Avvento significa attesa di Cristo che viene, allora questo periodo non dura solo sei settimane, ma una vita intera. È la vita cristiana che se vuole dirsi tale, dovrebbe definirsi come un lungo Avvento, come un’esistenza che ha un senso vero e profondo proprio perché è attesa fiduciosa, gioiosa, continua di Cristo. Così questo periodo liturgico così importante diventa anche un’occasione di riflessione per capire che, in quanto cristiani, viviamo costantemente in attesa di Cristo e quindi siamo persone la cui vita, nel bene e nel male, nelle difficoltà e nelle realizzazioni, nelle gioie e nei dolori, ha un fine ben preciso verso cui tendere e verso cui camminare che altro non è che il definitivo incontro con il Signore. Questo tempo di Avvento ci dà questa opportunità di esaminare quanto i nostri comportamenti siano coerenti con questa visione e la possibilità di avviare un rinnovamento interiore profondo. Riscoprire o acquisire lo stile dell’Avvento e proiettarlo nella vita quotidiana è una sfida importante. E per far questo serve innanzitutto impegno nel far si che nell’attesa del ritorno del Signore non ci si abbandoni al disimpegno. In realtà proprio perché in attesa, i nostri doveri quotidiani dovrebbero essere ancora più onorati. Solidarietà, umanità, condivisione, devono essere valori attivi nella nostra esistenza, poiché l’attesa non sia solo una parola senza concretezza, ma piena di sostanza. Oltre che impegnati serve essere perseveranti. La perseveranza è un atteggiamento spesso suggerito nelle pagine del Vangelo all’inizio dell’Avvento. Allora come oggi infatti la vita cristiana è seria ed impegnativa e vivere secondo il Vangelo non è né comodo né semplice, si rischia di essere incompresi, emarginati, in un mondo sempre più secolarizzato. La tentazione può essere quella di annacquare la propria fede, ma grazie alla perseveranza, la vera virtù del coraggio ed alla coerenza tutto è possibile. Avvento quindi come cammino verso il Natale, ma più profondamente come vero stile di vita e come programma per l’intera esistenza cristiana. L’amore di Dio per noi è così profondo che dovrebbe scattarci in automatico quel bisogno di incontrarlo con gioia, in una logica nuova in cui l’avvicinarsi a Cristo, per esempio nella Santa Messa domenicale, non dovrebbe essere vissuto come un obbligo, ma come un bisogno. Questo aspetto va fatto capire in particolare ai più giovani distanti talvolta anche dai modi di comunicare della chiesa e scoraggiati da certi moralismi che negli anni hanno prodotto danni. Non esiste un Dio punitivo, ma solo un Dio misericordioso che ci ama veramente. Se sono innamorato di Dio quindi non posso tradirlo, non posso fargli del male, ma anzi lo cerco, lo invoco e faccio di tutto per incontrarlo, questo è il messaggio nuovo che deve passare soprattutto fra i più giovani, ha concluso don Lorenzo Sena. William Stacchiotti
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